TARCENTO JAZZ 2016

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VENERDI’ 22 LUGLIO

ORE 18:30 PALAZZO FRANGIPANE

FEDERICO DI GESUALDO – “Which Way? – Part 2”

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L’espressione pittorica di Federico Di Gesualdo si intreccia con il suo background di ricercatore. Nato a Firenze, classe 1984, Di Gesualdo consegue il Dottorato in Oncologia Sperimentale occupandosi di una peculiare classe di RNA che prende il nome di RNA antisenso.
La ricerca svolta in ambito scientifico si riflette nel suo approccio alla pittura, legato all’esplorazione delle possibilità che scaturiscono dall’improvvisazione. Nello spirito dell’aforisma di Thelonious Monk Wrong is right, Di Gesualdo si focalizza sul concetto di “creazione istantanea” come uno stato della mente in cui si combinano elementi razionali ed energie entropiche e in cui il senso prende talvolta forma dall’errore, ovvero ciò che apparentemente è anti-senso.
Federico Di Gesualdo ha espresso questa dicotomia integrata nella mostra Which way?, tenutasi alla Florence University of Arts nel 2015. Quest’anno a Tarcento Jazz 2016 porta nuove prospettive sull’improvvisazione, l’errore e l’anti-senso nella pittura.

Apre la mostra Ritmo, pensiero, azione – Performance per anime inquiete di e con Federico Di Gesualdo e Giulia Tollis.

ORE 21:00

MINORANCE A late reflection on the revolutionary art of Fred Ho

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Marco Colonna clarinetto, clarinetto basso, sax baritono
Ettore Fioravanti batteria, percussioni

“A due anni dalla scomparsa del grande sassofonista, compositore, combattente per la libertà Fred Ho ho deciso di riprendere la suite realizzata un anno fa che aveva per titolo The Joyful Breath of the Dragon, facendola esplodere nelle direzioni che la mia musica, e la riflessione sull’arte di Fred Ho continua ad innescare in me.
Stavo cominciando a lavorare con Ettore Fioravanti e si cercavano direzioni da seguire con cui convogliare le energie del nostro duo. Naturale è stato unire le cose, e trasformare la suite in quello che è ora, e questa trasformazione ha trasformato anche il titolo nell’attuale MINORANCE A late reflection on the revolutionary art of Fred Ho.
Ho preferito utilizzare i miei strumenti principali (clarinetto e clarinetto basso) su cui sono impegnato in una vera e propria rivoluzione sonora, per allontanare il lavoro dall’idea di commemorazione didascalica e per introiettare alcune istanze che dall’opera di Fred Ho io cerco di fare mie. Ricerca formale, senso della struttura, impianto tematico diretto e costruito attorno ad un materiale melodico di tipo squisitamente pentatonico sono le caratteristiche compositive della suite.
Dal punto di vista timbrico ho cercato di portare una ricerca sonora dello spazio scevro da ambientazioni esotiche ma intriso di un lavoro sulla spazialità reale, su un suono marmoreo dato anche da una registrazione in cui non si è ricorso assolutamente ad artifici ambientali.
L’idea di suono che avevo per questo lavoro è corrispondente al suono che sento riascoltandola. Naturale nel vero senso del termine.
La fortuna di lavorare con Ettore Fioravanti mi ha dato la possibilità di avere al mio fianco un vero architetto della batteria. In un set prettamente jazzistico riesce a costruire gli spazi in maniera profondamente sintattica, giocando un ruolo paritario nei confronti delle ance anche dal punto di vista melodico. Un grande maestro che ho l’onore di aver coinvolto in questo lavoro.
Al termine del lavoro ho deciso di inserire un brano di Cal Massey , autore caro a Fred Ho , fonte di ispirazione e grande combattente per i diritti del popolo nero. Brano che si trova originariamente sul capolavoro di Archie Shepp Attica Blues.
La figura di Fred Ho è una figura centrale per tutto quello che riguarda l’estetica e l’etica della musica (e dell’arte) che mi interessa. Il perenne interrogativo su forma e sostanza, sulla fruizione, sull’energia e la meditazione, sul conflitto e la perenne trasformazione dialettica del suono.
Non smetterò a breve di interrogarmi sulla sua figura, sul significato di una musica che possa essere veicolo di trasformazione e portatrice di un messaggio di liberazione.
Non smetterò mai di trovare nella minoranza un valore necessario alla critica, alla salvaguardia etica e alla proposta di strategie e valori necessari.” – Marco Colonna

a seguire

TALIBAM!

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Matt Mottel sintetizzatore
Kevin Shea batteria

Dal 2003 i Talibam! pompano coraggiosamente diversità musicale attraverso le casse dei palchi jazzistici più importanti al mondo: Matt Mottel e Kevin Shea di Brooklyn, New York, riescono nell’ impresa di miscelare rap, new wave, post-psichedelia e rumorismo reinterpretando le ideologie musicali più disparate con competenza, originalità e ironia. Nonostante la rudimentalità della loro iniziativa agisca da costante deterrente, il duo rimane devoto alla convinzione che l’applicazione della diversità nel suono sia di massima importanza per l’apprezzamento della diversità tra esseri umani. L’obiettivo ultimo dei Talibam! è e rimarrà quello di creare musica dal rispetto, ed essere rispettosi dei matrimoni tra le ideologie più disparate, legate assieme da competenza e curiosità.
I Talibam! hanno lavorato sodo per unire proseliti al loro processo; solamente negli ultimi anni i Talibam! hanno collaborato col leggendario neo-dadaista Yanasuo Tone al MoMA, portato a termine tre residenze a New York, registrato 3 album, completato 4 tournée in Europa e collaborato con la famosa coreografa Karol Armitage per una compagnia di danza.
Il loro ultimi album sono una disinvolta detonazione pop consacrata alla liberazione del perdigiorno contemporaneo (la cui intuizione si unisce in una danza cosmica rivoluzionaria proprio a causa di tutto ciò che lo circonda ed educa) e provano ulteriormente la produttività imitativa di questo elegante duo.

SABATO 23 LUGLIO

ORE 18:30 PALAZZO FRANGIPANE proiezione

Noi insistiamo! Suite per la libertà subito

Appunti per un film sul jazz

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“Produttore, sceneggiatore, organizzatore di eventi e regista, Gianni Amico ha avuto un ruolo di notevole importanza nel panorama culturale italiano tra gli anni Sessanta e Ottanta, pur restandone con discrezione sempre ai margini. Il suo cinema costituisce un esempio unico di sintesi artistica tra forme e linguaggi differenti e distanti in una rielaborazione concettuale di numerose influenze, dal Neorealismo alla Nouvelle Vague, dal Cinéma Vérité al jazz e alla cultura latinoamericana. I due film presentati in rassegna formano un dittico quasi indissolubile, espressione di passioni e competenze che l’autore non solo dimostra di possedere, ma che ha assimilato e combina in una forma “altra” più complessa e profonda. Noi insistiamo! Suite per la libertà subito e Appunti per un film sul jazz sono lavori che sotto l’apparente e generica struttura documentaria, nascondono aspetti decisamente avanzati sia per stile che per tecnica e contenuti. Il primo, costruito sulla nota composizione di Max Roach del 1960 We Insist! Max Roach’s Freedom Now Suite – album essenziale della Storia del Jazz che coniuga la forma artistica afroamericana per eccellenza con l’impegno politico per la causa nera – associa alla musica immagini in bianco e nero del processo di emancipazione nera non solo americana.
Partendo dal discorso specifico di Roach, Amico lancia dunque un messaggio panafricanista, un messaggio collettivo che tenga conto di una realtà che va oltre quella locale per aprirsi a contesti internazionali, mondiali, in linea con il coevo pensiero di Malcolm X di cui il regista condivide apertamente le idee di protesta per una necessaria pacificazione. L’immediatamente successivo Appunti, si presenta invece come un film più personale, ma non meno originale, nel quale l’autore riesce a dare forma a un ideale estetico da lui spesso ribadito, secondo il quale per comprendere il jazz il pubblico deve viverlo da dentro. Utilizzando apparecchiature leggere e maneggevoli, come fosse esso stesso un musicista del gruppo, Amico conduce lo spettatore all’interno di una session bolognese di – tra gli altri – Gato Barbieri, Don Cherry e Jenny Clark in occasione del locale VII Festival Internazionale di Jazz.
Il film è costruito come un vero pezzo jazz, basato com’è su parti comunitarie (le prove e il concerto) e assoli (le interviste ai vari componenti). Testimonianza ed esibizioni si fanno tutt’uno, in un connubio tra arte e vita riflesso diretto della visione del cineasta. Pratica artistica quindi non come dimensione espressiva a se stante, ma legata indissolubilmente alla vita, da cui è condizionata e che a sua volta condiziona, in un imprescindibile rapporto dialettico.” Cinefilia Ritrovata

ORE 21:00

IMPROGRESSIVE

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Alberto Popolla clarinetti
Errico De Fabritiis sassofoni

Improgressive, reinterpreta una serie di brani di gruppi della scena di Canterbury e del progressive inglese, integrandoli con brani originali. Sospesi tra libere improvvisazioni e suoni progressivi, tra Macchine Molli e Re Cremisi, le ance di Improgressive si fondono in un vortice di note e solenni spazi creativi.

“Rileggere il prog di Gong, Soft Machine, Caravan, King Crimson e via citando con sassofoni e clarinetti e basta? E’ possibile, se vi chiamate Improgressive. In “PRIMO” (Slam Record) fanno esattamente questo. Coraggio premiato.” G. Festinese – il Manifesto

a seguire

PARCO LAMBRO

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Clarissa Durizzotto sax contralto
Mirko Cisilino tastiere, sintetizzatore Moog, trombone, tromba
Andrea Faidutti chitarra elettrica, basso ellettrico
Giuseppe Calcagno chitarra elettrica, basso ellettrico
Alessandro Mansutti batteria

Parco Lambro è un gruppo formatosi all’inizio del 2014 da musicisti attivi già da anni nella scena jazz/rock nazionale. La band mescola un sound progressive con elementi di improvvisazione libera e con la ricerca di sonorità noise. Parco Lambro, a cominciare dal nome, crea una continuità con la storia dei movimenti underground italiani ed europei, suonando una musica memore del percorso storico e sociale da cui essa stessa scaturisce, che mira però a trasportare l’ascoltatore in un altrove estatico e al tempo stesso attuale sulla base di elementi presenti nel proprio DNA culturale.

DOMENICA 24 LUGLIO

ORE 20:30 PALAZZO FRANGIPANE

BEE BRAIN

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Henry Cook sax alto, washint, flauti
Roberto Raciti contrabbasso
Ermanno Baron batteria

Bee Brain è un gruppo guidato dallo statunitense Henry Cook, sassofonista e flautista che ha inciso con alcuni tra i piu’ grandi musicisti afroamericani come John Tchicai, Bob Moses, Don Moye e Frank Lacy. La ritmica che dà forma al trio è composta da Roberto Raciti al contrabbasso ed Ermanno Baron alla batteria con i quali Cook da vita ad una formazione atipica ed originale di matrice certamente jazz ma con influenze afro e funk, capace di spaziare dai groove ethiojazz ai ritmi caraibici passando per l’improvvisazione estemporanea ed il jazz di Eric Dolphy.
Per l’occasione sara’ presentato il loro primo disco intitolato Honey, un lavoro che il trio ha realizzato dopo diversi anni di attivita’ e che raccoglie principalmente brani di compositori etiopi tra i quali Mulatu Astatke, con cui Henry Cook ha avuto l’onore di collaborare in tour ed incisioni varie suonando spesso il tradizionale washint, flauto etiope di cui è uno dei maggior esponenti in Occidente.

a seguire

KARKHANA

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Mazen Kerbaj tromba, mezmar
Umut Çaglar fiati, flauti
Sam Shalabi oud, chitarra elettrica
Sharif Sehnaoui chitarra elettrica
Maurice Louca organo
Tony Elieh electric basso elettrico
Michael Zerang batteria, percussioni

Combinando alcuni dei più talentuosi ed innovativi musicisti dell’area mediorientale, provenienti da Beirut, da Il Cairo e Istanbul, Karkhana è un collettivo transculturale che si è incontrato per la prima volta a Beirut nel febbraio del 2014. L’obiettivo della band è quello di mettere insieme gli elementi delle tre principali scene di musica sperimentale del Mediterraneo: nel 2015 hanno pubblicato su Sagittarius A-Star Live At Metro Al-Madina, “un album dal vivo caratterizzato da una musica che vaga in territori attraversati da spinte opposte e sconquassanti, territori in cui ogni tentativo di costruire temi lineari dal retrogusto spacey viene messo costantemente in discussione da una gragnola di improvvisazioni scarnificanti” Antonio Ciarletta (Blow Up #215, Aprile 2016).
La musica del gruppo crea una miscela unica che mette insieme psichedelia, free jazz e suoni mediorientali: le performance dal vivo, costruite sulle capacità multi-strumentali di questa all star band, creano atmosfere dense di sorprese sia per gli ascoltatori che per i musicisti stessi, un qualcosa che potremmo definire “Free Middle-Eastern Music”.

Nelle tre serate saranno presenti gli stand del Giardino Commestibile, della libreria d’importazione Kobo Shop, Matite Volanti e Wizard Dischi. E il chiosco di Hybrida con prodotti del territorio.

Tutti i concerti sono ad ingresso libero e si svolgeranno a Palazzo Frangipane, situato nel centro di Tarcento in via C. Frangipane.
La mostra di Federico Di Gesualdo si trova nella rotonda superiore al primo piano di Palazzo Frangipane ed è visitabile con i seguenti orari: venerdì 22 luglio dalle 18:30 alle 24:00, sabato 23 e domenica 24 luglio dalle 16:00 alle 24:00
La proiezione dei due cortometraggi di Gianni Amico si terrà nell’atrio di Palazzo Frangipane.
In caso di maltempo i concerti si terranno presso Villa Moretti.