JOSEPHINE FOSTER & BODUF SONGS + ALL MY FAITH LOST

Venerdì 23 febbraio ore 22

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Josephine Foster Duo (Chicago / Locust)
Torna in Italia, e approda all’Hybrida, Josephine Foster la sirena del folk, una delle voci più incredibili sentite negli ultimi anni… Stavolta si presenterà in duo (chitarra acustica, elettrica, arpa, voce), per dare più profondità e sfumature ad un live già straordinariamente intenso. Il nome Josephine Foster è iniziato a circolare su carta e su web dall’inizio della saga sonora sghemba di cui Devendra Banhart si fece araldo, ma per quanto ci sia senza dubbio un humus comune, il lavoro della Foster non condivide affatto la pianta del “weird folk”. E infatti per quanto a vederla, forse più che ad ascoltarla, verrebbe da paragonarla a Joanna Newsom, la strada percorsa da questa sirena è stravagante: con due album da quasi-solista ed un paio di lavori in compagnia della metà maschile Jason Ajemian con cui compone il duo Born Heller, il suo intruglio sonoro è pervaso per almeno tre quarti da uno slancio sperimentale (“avant”) che fa di lei una fuoriclasse, una deviante rispetto al canone del movimento.
Imperdibile se vi piacciono Joanna Newsom, CocoRosie e Antony And The Johnson.

La stampa sul recente “A Wolf In Sheep’s Clothing”: “Ogni volta Josephine Foster è costretta a stupirci. Ogni disco che degna della sua voce è un approdo, una spiaggia, una terra completamente vergine. Con ogni disco supera il precedente e se stessa, in una gara che vede unici perdenti noi che ascoltiamo… si accompagna stavolta con due chitarre, una acustica per gestire tempi e melodie, l’altra elettrica e a tratti poco meno che lancinante per generare voli e dilatazioni della psiche. I pezzi sono per l’ennesima volta delle autentiche perle… L’umore che si respira è quello austero, misterico e quasi oltrenaturale degli album di Nico… L’ennesimo tassello di un “nuovo folk” che scava sempre più dentro le proprie radici; raramente con tanta ispirazione e ragionato sentimento come in questo caso (…) La miglior voce del prewar folk? Personalmente non ho dubbi. Non solo: di quel brulicante calderone di nomi che negli ultimi anni ha costretto a rimettere indietro le lancette degli orologi del rock underground americano a me pare anche la miglior penna e l’interprete più matura” Stefano Isidoro Bianchi
www.100songsising.com

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Boduf Songs (UK / Kranky)
Trio inglese guidato da Matthew Sweet, da Southampton. Arpeggi di chitarra circolari e reiterati, suoni acustici spettrali e tenebrosi, sottili strati di elettronica, drones, voce sussurrata. Un mistero sonoro in cui perdersi ipnotizzati. Garantisce Kranky.
Per fans di Six Organs of Admittance e Current 93

“Difficile penetrare il mondo di Mat Sweet; questo nuovo e piuttosto atteso ‘Lion devours the sun’ presenta testi piuttosto criptici e ricchi di simbolismi “mitologici” tanto apertamente sbandierati da rasentare certe fissazioni pagan/folk se non il commovente fantastico mondo a fumetti di un Daniel Jonhston. Lenti arpeggi circolari e reiterati, semplici e a loro modo perfetti lasciano il campo dopo poche manciate di secondi ad una voce sommessa e accorata che sussurra e decanta rime lente e spaziose, degne del Will Oldham di mezzo e di un Matt Ward per nulla incline al pop e al soul.
In questa foresta i rami sono secchi e grigi e una voce fuori campo, partecipe del lutto, ci sta raccontando la vita che fu e che, forse, nelle notti di plenilunio, ancora vi si svolge. Alcune ballate conservano una impostazione melodica più spiccata e definita, altre ci appaiono come brevi meditazioni debitrici della nobile scuola slowcore, appunti improvvisati e pause di riflessione laddove la scrittura e l’improvvisazione sembrano andare davvero a braccetto (“Green Lion devours the sun”, la mistica “Please ache for redemptive” tracce nelle quali affiorano malsane assonanze con i primi inquietanti Angels Of Light di Michael Gira). In quarantasette minuti di questo rimestare la cenere non affiora un particolare che non sia indispensabile e vorresti quasi che all’apice della lentezza della conclusiva “Bell for Harness” – meraviglioso suggello di una raccolta superba – qualche corda si spezzasse per affondarci dentro tale è il sentimento d’abbandono raggiunto…Carezze che preludono a venti impetuosi; la calma che di solito precede una tempesta questa volta rimane soltanto un monito spettrale” – ROCKLAB
www.kranky.net/artists/bodufsongs.html

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All My Faith Lost
All My Faith Lost sono una band attiva da sei anni. Dopo un demo autoprodotto e un maxi cd pubblicato da Nailrecords/Sin Organisation di Udine, nel 2005, è stato pubblicato su Cold Meat Industry l’album di esordio “As you’re vanishing in silence”.
Il lavoro è stato ben accolto dal pubblico e dalla stampa internazionale di settore e non.
Le sonorità sono delicate e malinconiche intessute da chitarre acustiche, flauti e pianoforti adagiati su lievi tappeti di sinth. La voce femminile intensa e allo stesso tempo eterea si sposa spesso con quella maschile creando delicati intrecci.
Il gruppo si è esibito più volte in formazione a due (in set spesso completamente acustici) condividendo il palco con gruppi come “Ashram”, “The Vanishing”, “Inner Glory” e “Sieben”.
www.allmyfaithlost.com
www.myspace.com/allmyfaithlost

ingresso 8 euro con tessera Arci

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